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Presentzione Centrale Ponte S. Giovanni

Una Grande risorsa per l’Umbria e per il Paese

Il Tevere è il terzo fiume d’Italia e per secoli è stato parte integrante della vita economica, sociale e culturale di tutte le popolazioni che hanno abitato il suo bacino, fino alla grande trasformazione del Paese da agrario ad industriale.

Infatti, dalla metà degli anni sessanta e nel decennio successivo, è iniziato un lento declino che ha visto diventare il Tevere un corso d’acqua quasi dimenticato che serviva soltanto a prelevare l’acqua per usi irrigui. Tale declino ha raggiunto il suo culmine con la crisi idrica dell’estate del 1995, durante la quale il corso d’acqua era diventato un rigagnolo maleodorante. Contestualmente agli anni del declino, molti cittadini ed istituzioni hanno preso coscienza della necessità di invertire il processo di degrado esistente ed hanno portato avanti iniziative per la pedonalizzazione, la rinaturazione e la sistemazione degli argini. In sostanza si era capito che, nelle nuove condizioni economiche e sociali, il Tevere sarebbe potuto tornare ad essere una risorsa fondamentale del territorio. Il principio di uso plurimo delle acque, da potabile a civile, da energetico ad irriguo, dopo l’ebbrezza di una società economica e culturale che per decenni si era fondata sul petrolio e i suoi derivati, lentamente si sta affermando come una necessità storica. Continuare su questa strada significherebbe accentuare tutti i rischi legati all’inquinamento atmosferico, della terra, dell’aria e dell’acqua stessa, superando i limiti di sostenibilità del nostro pianeta. In questi anni si è dimostrato che le risorse energetiche alternative e aggiuntive necessarie al Paese per vivere possono essere reperite senza danneggiare l’ambiente e rispettando il più possibile equilibri che non possono essere ulteriormente alterati in quanto già precari.

Il corso del Tevere 

La ricerca scientifica sulle fonti di energia alternative ha compiuto e deve compiere ancora passi avanti, poiché dipendere dal petrolio vuol dire fronteggiare una bolletta petrolifera sempre più cara e insopportabile per tutti i paesi che non ne dispongono e che si dimostra sempre più fonte di guerra e di tragedie per la stragrande maggioranza dei popoli della terra. Nel tratto di Fiume dell’Umbria sono state realizzate tre centrali elettriche: Villa Pitignano, che produce oltre 7 milioni di kWh all’anno, Umbertide che produce oltre 2,5 milioni di kWh all’anno, Ponte San Giovanni che produrrà circa 8 milioni di kWh all’anno, e questo è certamente un buon esempio di come si possa reperire e produrre nuova energia, con fonti rinnovabili e pulite, sostenibili e compatibili con l’ambiente. Nello stesso tempo, in questi anni, le associazioni ambientaliste, la politica e le Istituzioni hanno deciso scelte importanti: le acque dei reflui urbani devono essere restituite al Tevere in buona salute, l’acqua immagazzinata a Montedoglio, (a regime potrà invasare 120 milioni di mc.) a Valfabbrica (a regime potrà invasare 200 milioni di mc.) già oggi nei periodi siccitosi e di massima sofferenza garantiscono un flusso continuo di acqua.

Il fiume Tevere

Nei prossimi anni, tuttavia con gli altri invasi costruiti e con il Piano Irriguo dell’Italia Centrale si potranno soddisfare i bisogni agricoli, gli usi potabili, industriali ed energetici in maggiore qualità e quantità. L’acqua è il bene più prezioso che abbiamo per cui è necessario conservarla, occorre sprecarne meno, effettuare maggiori controlli e usarla in modo oculato se si vogliono soddisfare tutti i bisogni che hanno tutte le forma di vita sulla terra.

Il Tevere

Si è finalmente capito che la qualità della vita così come l’economia del territorio sono date dal complesso di iniziative che lungo il Tevere si svolgono: educazione e formazione ambientale, accoglienza turistica, centri di servizi ricreativi. Inoltre è sempre più rilevante il lavoro per il restauro conservativo delle Torri, dei molini e delle ville esistenti che hanno assunto ed assumeranno nuove e più importanti funzioni al passo con i tempi.

Un po’ di storia

Ogni passaggio nello sviluppo delle civiltà umane a livello economico, sociale e culturale ha avuto bisogno dell’uso di fonti energetiche sempre più potenti e disponibili.
L’uomo primitivo sfruttava solo la forza fisica per assolvere le proprie esigenze vitali. Il primo vero passo significativo venne fatto quando si cominciarono a costruire strumenti atti ad amplificare le forze umane. Mezzo milione di anni fa l’uomo imparò a dominare e a riprodurre il fuoco, e questo gli permise non solo di ottenere calore ed energia alimentare, ma anche di cuocere l’argilla utile per produrre utensili, di estrarre metalli dalle rocce e forgiarli per costruire strumenti ed armi, di fondere la sabbia per produrre il vetro, etc. Questa maggiore capacità tecnologica gli permise di sfruttare altre fonti di energia (idrica ed eolica) e di migliorare il rendimento energetico nell’utilizzazione degli animali. Nell’area mediterranea, per la scarsità d’acqua, erano preferiti i macchinari nei quali la forza motrice era fornita esclusivamente dagli animali e dall’uomo; nell’area alpina e nel nord Europa, invece, per la disponibilità di corsi d’acqua regolari e con molta portata, si diffuse lentamente la tecnologia che sfruttava la forza motrice delle pale azionate dall’acqua. La più antica e semplice turbina idraulica è la ruota idraulica, usata dapprima nell’antica Grecia e successivamente nella maggior parte dell’Europa antica e medievale. L’impiego della ruota idraulica rappresentò un salto tecnologico fondamentale poiché, avendo un diametro di circa 2 mt, era in grado di macinare fino 180 kg di grano all’ora, mentre un mulino azionato da due schiavi poteva macinarne soltano 4. Fino alla prima metà del XV secolo le sole fonti di energia disponibili erano fonti rinnovabili: animali, solare, energia idrica ed eolica. Il grande salto nei consumi energetici si è verificato con l’avvento della macchina a vapore, che consentì di sfruttare sistematicamente e su larga scala l’energia prodotta dalla combustione di una fonte non rinnovabile: il carbone. Ben presto si sentì la necessità di una maggiore disponibilità di energia meccanica per far muovere i telai, per trasportare il carbone e, soprattutto, per pompare in superficie l’acqua che si infiltrava nel fondo delle miniere ed ostacolava gli scavi. La macchina a vapore divenne il vero emblema della rivoluzione industriale, perché con essa si usava per la prima volta sistematicamente il calore per produrre energia meccanica e perché la sua introduzione nelle fabbriche costituiva la caratteristica principale e l’atto di nascita del moderno modo di produzione. La storia energetica dell’uomo non si è fermata però al carbone. Nel 1859 venne scavato con successo il primo pozzo di petrolio. Tuttavia si dovette attendere circa venti anni affinché questo combustibile desse un grande impulso a livello di ricerca e commercializzazione.Henry Ford applicò il motore a scoppio alle prime automobili prodotte su scala industriale, superando definitivamente la tradizione a vapore inaugurando l’era del petrolio. Quando cominciò a diffondersi l’elettricità, nella seconda metà del XIX secolo, il petrolio divenne il principale combustibile di produzione energetica. Lo sviluppo industriale comportò un uso sempre più diffuso dell’elettricità in tutte le attività umane e, specie nelle società occidentali, non ci si rese conto che le riserve mondiali dei combustibili fossili non erano illimitate e prima o poi si sarebbero esaurite. La crisi petrolifera del 1973 e le guerre che si sono succedute, anche in ragione delle riserve strategiche di petrolio esistenti nei paesi del Medio Oriente, ha indotto tutti i paesi a ricercare nuove fonti di energia.

Le fonti di energia

Nella prima metà di questo secolo, sono emerse chiaramente le possibilità di sfruttamento di forme di energia: l’energia geotermica, l’energia eolica, l’energia solare.
Una delle fonti che suscitano notevoli aspettative è l’energia geotermica. In alcune zone del nostro pianeta l’acqua calda proveniente dagli strati della crosta terrestre può fuoriuscire sotto forma di vapore (soffione) o di getto d’acqua (geyser), oppure venire estratta da falde sotterranee. L’energia geotermica è sfruttata per scopi termali, per riscaldare interi quartieri urbani, oppure nelle centrali geotermoelettriche per ricavarne elettricità A seconda delle diverse temperature e della maggiore o minore presenza di vapore in pressione, i fluidi geotermici sono utilizzabili direttamente per la produzione di elettricità. Il vantaggio della geotermia è quello di essere una fonte rinnovabile e pulita. Per quanto riguarda l’energia solare, a partire dai leggendari “specchi ustori” con cui Archimede nel III sec a. C. incendiò le navi romane che assediavano la città di Siracusa, numerosi studi e sperimentazioni hanno messo in luce le potenzialità di questa forma energetica. Si è dovuto attendere l’inizio di questo secolo perché l’energia solare superasse lo stadio delle applicazioni occasionali da parte di pochi appassionati e mostrasse a pieno tutte le proprie potenzialità. La scoperta determinante per le applicazioni attuali e future dell’energia solare fu quella delle proprietà elettriche dei semiconduttori e, in particolare, del silicio ovvero la scoperta del cosiddetto effetto fotovoltaico, che consente la trasformazione diretta della radiazione luminosa in energia elettrica. Su questo principio si basano le celle fotovoltaiche, che, una volta massimizzato il rendimento energetico e il costo di produzione, potranno essere installate ovunque. Trattandosi di dispositivi non inquinanti, silenziosi, senza parti in movimento (quindi non soggette a logorio), l’uso delle celle fotovoltaiche, unite a sistemi per l’accumulo dell’elettricità prodotta, potrebbe rivelarsi risolutivo per numerose esigenze energetiche specialmente di piccola e media potenza. Per quanto riguarda l’energia eolica, è anch’essa un segmento importante della produzione energetica.Il sistema usa il flusso e l’intensità del vento per dare movimento ad una ruota dotata di pale, con la quale si trasforma l’energia meccanica in energia elettrica. Questo sistema ha un impatto ambientale elevato a causa della notevole dimensione delle pale e alla loro localizzazione che necessariamente deve essere, almeno in zone montagnose come le nostre, in alte quote. In questi anni, si sperimentano anche soluzioni di produzione energetica sfruttando le onde del mare e il flusso delle maree. In effetti, la potenzialità di questi elementi naturali, una volta testati scientificamente, potrà offrire delle soluzioni importanti per il fabbisogno energetico mondiale.

L’era post-energetica

Come potrà l’uomo in futuro soddisfare le proprie esigenze energetiche? È evidente che il carbone, il metano e le altre fonti fossili, non essendo rinnovabili, sono destinate ad uscire di scena. Il nucleare, invece, non potrà essere una fonte di energia sulla quale fare affidamento almeno fino a quando la ricerca scientifica e le tecnologie non avranno raggiunto un livello tale da garantirne l’uso in sicurezza. Oggi disponiamo delle capacità tecniche per sfruttare le fonti rinnovabili ad un livello economico redditizio e per sopperire con esse ai bisogni di una società post energetica progredita. Inoltre, adeguati interventi di risparmio energetico e di uso più razionale delle risorse energetiche potrebbero portare in tempi brevi ad una sensibile riduzione della domanda. Per anni abbiamo identificato il progresso con l’aumento della produzione e del consumismo e con il saccheggio della natura pagando dei costi elevatissimi, non solo dal punto di vista ambientale, ma anche economico, psicologico e sociale. Per la prima volta nella storia dell’umanità, il binomio “progresso-consumi energetici” può essere scisso, è possibile cioè ridurre il fabbisogno energetico, a favore di un miglior rapporto con la natura e di una più equa distribuzione della ricchezza, migliorando complessivamente la qualità della vita di tutti gli abitanti del pianeta. Ma, per far ciò, bisogna attuare sostanziali modifiche nel nostro modo di vivere e di produrre. Sarà pertanto necessario passare dall’attuale modello di sviluppo che, caratterizzato da grandi concentrazioni industriali e urbane e da grandi consumi, fa coincidere il benessere esclusivamente con la crescita economica e l’aumento del prodotto nazionale lordo, ad un modello che, basato sul risparmio di energia, faccia coincidere il benessere con la qualità dell’aria che respiriamo, del cibo che mangiamo, del paesaggio che abbiamo intorno, del lavoro che facciamo. I cardini di funzionamento delle centrali idroelettriche Si tratta di un complesso di opere e macchinari che raccoglie e convoglia volumi d’acqua da una quota superiore ad un’altra inferiore della superficie terrestre, allo scopo di sfruttare l’energia potenziale, in genere di un corso d’acqua. Le centrali idroelettriche, per produrre energia, usano l’acqua come materia prima e, perché funzionino, è necessario che questa sia sempre disponibile.

Schema di funzionamento di una centrale idroelettrica

A tale scopo occorre realizzare opere edili di accumulo e di derivazione dell’acqua e macchinari che trasformino l’energia potenziale in energia meccanica e quest’ultima in energia elettrica. Il fulcro di ogni centrale idroelettrica è la turbina, che è la macchina rotante che converte l’energia meccanica l’energia cinetica di un fluido in movimento. L’elemento essenziale della turbina è la girante o rotore, che può essere costituita da un’elica o da una ruota con alette, o pale, variamente profilate. L’energia meccanica acquisita dalla girante viene poi trasmessa ad un albero motore che viene utilizzato per azionare una macchina, un compressore, un generatore elettrico o un’elica.

Sala macchine 

Tra le varie tipologie di turbine, quella idraulica rappresenta certamente la più antica. Le turbine idrauliche sotto riportate trasformano l’energia del flusso di una massa d’acqua in energia utile. La turbina Kaplan funziona più o meno come un’ elica di una nave: ampie pali rotanti, messe in moto dall’acqua ad alta pressione, liberata attraverso una chiusa, azionano l’asse del generatore. La turbina Pelton, ideata nel XIX secolo, funziona come una tradizionale turbina idraulica: un potente getto d’acqua ad alta pressione ne colpisce i cucchiai, azionando i meccanismi. Negli impianti idroelettrici moderni, vengono costruite grandi unità in presenza di dislivelli elevati; impiegando generalmente turbine Kaplan fino a 60 mt, e turbine Francis fino a 600 mt, turbine Pelton oltre tale limite. Qualunque sia l’impiego della turbina, la medesima è collegata ad un’altra macchina chiamata generatore che è in grado di trasformare in energia elettrica la forza che la turbina gli trasmette con il proprio movimento. Prima di essere convogliata nelle linee di trasmissione che la trasporteranno ai luoghi di utilizzazione, la corrente elettrica passa attraverso uno speciale apparecchio, che prende il nome di trasformatore. Quest’ultimo abbassa l’intensità della corrente prodotta dall’alternatore, elevandone però la tensione a migliaia di Volts. Giunta sul luogo di impiego, prima di essere utilizzata, la corrente passa di nuovo in un trasformatore che, questa volta, alza l’intensità ed abbassa la tensione così da renderla adatta agli usi domestici.

Schema turbina e generatore

Un Progetto trasformato in realtà

La posa della prima pietra: il progetto della centrale di Ponte San Giovanni è stato presentato dalla ditta Hyperion s.r.l. di Nodessi & Figli, con sede in Sant’Andrea delle Fratte, nel 1998, ed i lavori di costruzione, per un importo di €. 6.000.000,00 sono iniziati nello stesso anno. Per un lungo periodo, i lavori sono stati interrotti e sono ripresi in seguito alla presentazione del progetto esecutivo, redatto dallo studio tecnico ARCHIPLAN progetti di Ponte San Giovanni, depositato alla Regione Umbria e successivamente approvato nell’anno 2003 dal Comune di Perugia e dalla Provincia di Perugia, che hanno autorizzato e, in questi anni, seguito da vicino la realizzazione.

Inizio dei lavori 

La scelta di costruire la centrale idroelettrica non è stata casuale, ma è dipesa dall’esistenza in quel sito di un importante attività molitoria i cui resti sono ancora presenti, e anche dal fatto che il fiume ha una conformazione e uno scorrimento adatto al convogliamento delle acque e, dunque, alla realizzazione di una centrale idroelettrica.

Gli elementi che compongono il progetto e le fasi attuative:
La traversa mobile di monte
La costruzione dell’opera di presa
Il canale “in pressione”
Le paratoie
La costruzione della centrale di produzione e dell’opera di restituzione
La traversa fissa di valle ed il canale di rilascio
L’impianto di risalita dei pesci
Il bacino di monte ed il bacino di valle
Le sponde del Tevere
La spiaggia
Il riambientamento

La traversa mobile di monte: la costruzione ha avuto inizio nel marzo 2004 sulla scorta di quella già esistente. Il suo scopo è quello di realizzare un dislivello idrico, e quindi di potenziale, tra l’ingresso e l’uscita delle turbine. La traversa costituita da una parte fissa, fondazione in cemento armato, e da una parte mobile, paratoie in acciaio, ha una lunghezza di mt 80 ed suddivisa in 4 settori attraverso dei piloni in c.a. sui quali sono alloggiati gli apparati che movimentano le paratoie. Il bacino che in questo modo si viene a creare a monte consente di ottenere una portata all’interno della condotta in pressione pressoché costante per un lungo periodo dell’anno.

La costruzione della traversa di monte

La costruzione dell’opera di presa ha avuto inizio nel 2004, parallelamente alla costruzione dello sbarramento. Ha la forma di un grande “imbuto” che ha lo scopo di convogliare l’acqua all’interno del canale riducendo al massimo le turbolenze e, quindi, le perdite di energia. Gli elementi principali che la costituiscono sono l’asta para-tronchi, il canale sghiaiatore, che consente la deposizione del materiale più grossolano trasportato dall’acqua e impedisce che questo raggiunga lo sgrigliatore. Questo è posto all’ingresso dell’opera di presa ed è costituito da una griglia sufficientemente fitta da impedire che nel canale possano immettersi materiali che potrebbero danneggiare le turbine.

L’ opera di presa

L’ opera di presa – canale sghiaiatore

Il Canale “in pressione” è stato costruito realizzando uno scatolare in cemento armato che ha un’altezza interna di mt. 4 e una larghezza interna di mt. 6. La lunghezza complessiva del canale è di mt. 180 e le pareti, la fondazione e la soletta di copertura hanno uno spessore di cm 50.
Il canale ha lo scopo di convogliare la portata, che ha un valore massimo di mc/sec 40, dall’opera di presa fino alle turbine, situate nella centrale di produzione.
La velocità dell’acqua all’interno del canale è di circa m/sec 1,3. È in corrispondenza alla turbina che tale velocità aumenta in conseguenza della restrizione del canale che si divide in 2 spirali, ciascuna delle quali si avvolge intorno all’asse verticale delle turbine immettendo acqua in pressione e a velocità elevata radialmente all’asse delle turbine stesse.
La galleria è incassata nell’alveo per una profondità di circa mt 2 e la rimanente parte emergente è completamente rivestita, lateralmente da massi ciclopici e superiormente mediante materiale proveniente dal fiume stesso.
Il canale che rimane al di sopra del pelo libero del bacino di valle, bacino tra le due traverse con quota dell’acqua a 179,00 m s.l.m., in questo modo è completamente reambientato e costituisce per quel tratto di fiume una vera e propria sponda.

Il “canale in pressione”

Le paratoie: sopra la traversa di monte, come abbiamo detto, sono state alloggiate n. 4 paratoie in acciaio. Una paratoia, quella più vicina all’opera di presa, ha una larghezza di mt. 5, mentre le altre 3 sono lunghe ciascuna mt. 20. L’altezza di tutte e 4 le paratoie è di mt. 3. Le paratoie hanno la funzione di mantenere costante il livello del pelo libero dell’invaso di monte, indipendentemente dalla portata del fiume. Questa, infatti, in alcuni periodi dell’anno, supera abbondantemente il valore di mc/sec 40 che viene addotto dal canale. La portata in eccesso dovrà passare attraverso la traversa mediante l’abbassamento delle paratoie. Queste vanno in regolazione automatica in base al livello dell’acqua nell’invaso di monte. La prima paratoia ad abbassarsi è la paratoia più piccola, che permette anche lo smaltimento del materiale intercettato dall’asta para-tronchi. Successivamente, se necessario, si abbassano in sequenza anche le 3 paratoie più grandi a partire da quella più vicina all’opera di presa e finendo a quella in corrispondenza alla scaletta dei pesci.

Le paratoie

La costruzione del locale centrale di produzione è il luogo dove sono alloggiate le turbine. Si tratta di 2 turbine tipo Kaplan che hanno ciascuna una potenza di 1 MW che, in base alla portata convogliata, entrano in regolazione attraverso l’apertura degli organi diffusori e attraverso l’orientazione delle pale dell’elica. L’acqua viene poi rilasciata integralmente in alveo attraverso un canale diffusore in cemento armato che si apre in corrispondenza della traversa di valle. In condizioni normali di funzionamento, il livello dell’acqua a valle del canale di rilascio è fissato a 177.50 m s.l.m.. Questo parametro, insieme alla quota del pelo libero nell’invaso di monte, 183.25 m s.l.m., e alla portata massima, mc/sec. 40, è importante in quanto consente di calcolare la potenza nominale dell’impianto attraverso la seguente relazione:

Secondo una disposizione ad asse verticale e direttamente collegato a ciascuna turbina, è montato il generatore che è in grado di trasformare l’energia meccanica della turbina in energia elettrica. Dai generatori, che hanno una potenza di 1 MW ciascuno, l’energia prodotta ha una tensione di 600 Volts e raggiunge i trasformatori dove la tensione viene innalzata fino a 20.000 Volts in modo che l’energia prodotta possa essere immessa nella rete di distribuzione e raggiungere le utenze. Qui, prima di essere utilizzata, l’energia elettrica passa di nuovo in un trasformatore che, questa volta, alza l’intensità di corrente ed abbassa la tensione, così da renderla adatta agli usi domestici. In un anno, la centrale idroelettrica, così com’ è stata realizzata, potrà produrre circa 8.000.000 kWh.

La costruzione della centrale di produzione

L’alloggiamento delle turbine

Le turbine

La sala macchine

La traversa fissa di valle ed il canale di rilascio è stata costruita nella parte terminale dell’edificio di alloggiamento delle turbine e realizza un secondo bacino che, in pratica, permette di dare continuità al corso del fiume. Questa traversa, lunga circa mt 100, è stata ricostruita con massi “ciclopici” sopra quella esistente.

La costruzione della traversa di valle e della scaletta di risalita dei pesci

La restituzione dell’acqua

L’impianto di risalita dei pesci: sul lato sinistro della traversa di monte, si sono realizzate n. 20 vasche o scale di risalita che serviranno alla fauna ittica per poter risalire dal bacino inferiore a quello superiore. Sulla traversa di valle, la risalita del pesce è garantita, allo stesso modo, dalla costruzione di n. 8 scale che permettono il passaggio del pesce e, così facendo, si è evitata l’interruzione del corso naturale del fiume.

Traversa di monte: l’impianto di risalita dei pesci

Traversa di valle: l’impianto di risalita dei pesci

Il bacino di monte ha una profondità massima di mt. 4 e si estende in lunghezza ben oltre il ponte della ferrovia per circa 1.5 km. Per realizzarlo è stato necessario innalzare gli argini sia in destra che sinistra fluviale. Il livello del pelo libero, in normali condizioni di funzionamento, è fissato a 183.25 m s.l.m.

Il bacino di monte

Il bacino di valle è lo spazio d’ acqua che si realizza tra la traversa di monte e quella di valle e consentirà un accumulo di acqua che, in condizione normali del fiume, si stabilizzerà ad una profondità media di mt. 1,20. Ha una superficie di mq. 12.000 ed ha la funzione di garantire la permanenza dell’acqua in tutti i periodi dell’anno, con lo scopo di dare continuità del fiume.

Il bacino di valle

Le sponde del Tevere nel tratto interessato dai lavori della Centrale, sono state ricostruite con massi ciplopici sulla riva sinistra e destra del Tevere. Sulla sponda di destra è stata realizzata una scogliera alta mt 6 per una lunghezza di mt 150. Inizia dal Ponte della Ferrovia e termina in coincidenza con l’opera di presa. Sulla sponda di sinistra è stata costruita una scogliera a spese dell’Amministrazione comunale per un importo di €. 150.000,00. L’opera ha un’altezza di mt 7 e si sviluppa per una lunghezza di mt 110 e, in quel particolare tratto di fiume, ha il compito di impedire le ulteriori erosioni dell’ argine che si sarebbero certamente avute a seguito di piene ed eventi calamitosi, come si è verificato negli anni trascorsi.

La costruzione della scogliera di destra del Tevere

La costruzione della scogliera di sinistra del Tevere

La scogliera di destra del Tevere

La scogliera di sinistra del Tevere

La spiaggia è posta sulla sponda di sinistra, in corrispondenza del bacino di monte, reso visibile dalla ricostruzione totale dell’argine, dando vita ad una vera e propria area di sosta e di svago per tutti i cittadini. Potremmo definirla una specie di solarium e di zone d’ombra in quanto l’area stessa si sviluppa, dal ponte della ferrovia al ponte di legno, su una superficie complessiva di mq 15.000. All’interno della spiaggia è stata ricostruita la parte finale del percorso pedonale P.Felcino – P.Valleceppi – P.San Giovanni.

Il nuovo argine sulla sponda sinistra

La nuova spiaggia

Il riambientamento: prima dell’inizio dei lavori di costruzione della centrale, la sponda di destra del fiume (in corrispondenza del Lido Tevere), anche a seguito della rottura della traversa esistente, era cosparsa da accumuli di notevole quantità di residui legnosi e detriti portati dalle piene che si sono succedute e, nello stesso tempo, il fiume era costretto ad espandere il proprio alveo sul lato sinistro della sponda, creando notevoli erosioni. Le soluzioni oggi adottate consentono, dopo avere ricostruito le sponde in entrambi i lati, una fruizione delle aree in tutte le stagioni e nella massima sicurezza. I bacini, a monte e a valle, determinano la continuità del fiume ed un’ambientazione importante che valorizza sia lo scopo produttivo che la ragione ambientale. La ricostruzione delle presenze vegetali è determinante ai fini di un ripristino della biodiversità che, con il tempo, era andata perduta. Infatti, l’assenza di interventi ha visto l’invasione a dismisura di Robinie pseudoacacia e dei Populus femmina che, come sappiamo, rilasciano la lanugine e che, in pratica, hanno soppiantato e sostituito le specie tipiche delle nostre fasce ripariali e dei nostri boschi planiziali. Il lavoro di ricostruzione della vegetazione ha comportato la reimmissione di specie botaniche come l’ Ontano (Almus), il Carpino (Carpinus), le Farnie e le Roverelle (Quercus), il Sanguinello (Cornus), Nocciolo (Corylus), l’Acero campestre (Acer), l’Olmo campestre (Ulmus) il Populus Alba e il Populus nigra, il Salice alba e dei vimini (Salicacae), il Biancospino (Crataegus), i Gelsi alba e nigra, il Pruno selvatico (Prunus), i Meli (Malus) e i Peri (Pyrus) selvatici, etc. In questo contesto si è proceduto alla piantumazione del prato e alla ricostruzione di un ambiente tipico dell’alveo del fiume. Sulla sponda destra dell’alveo, tra la traversa di monte e quella di valle, la parte superiore dello scatolare in cemento armato è stata ricoperta dalla deposizione dei sassi del Tevere e di terreno vegetale. In pratica, a partire dal Molino Mignini fino all’area della centrale idroelettrica, si è ricostruito quello che comunemente viene chiamato il “petriccio” del fiume. La parte sommitale della scogliera sinistra sarà oggetto di nuova piantumazione di alberi e di vegetazione decombente. Questa scelta porterà certamente ad un rinverdimento dell’area nel momento in cui la vegetazione potrà ricrescere in modo spontaneo. Dal Lido Tevere all’opera di presa, sono state messe delle barriere protettive e la stessa scogliera è oggetto di un intervento di rinverdimento con la messa a dimora di piante decombenti.

Collaborazione: Ing. Elvio Fagiolari
Ing. Lucio Gervasi
Dott. Vincenzo Piro
Ing. Francesca Vinci
Documentazione fotografica: Fausto Castraberte
Ha curato il volume: Dott.ssa Francesca Pierotti

Volume edito da Comune di Perugia e Provincia di Perugia

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